E se io fossi il demonio?

Un destino da compiersi è in realtà già compiuto.
Vedere la fine dall'inizio è come salire lentamente lunghe scale che conducono al patibolo.

Puoi soffermarti allo scricchiolio delle assi di gradini più o meno sconnessi, guardare i nodi del legno al passamano , gli occhi chini, osservarti le scarpe di tela o di ottimo cuoio, o, gli occhi al cielo, vederne una piccola parte e saperlo infinito.
Comunque tu salga c'è il destino da compiere, qualche gradino più su.
Il dolore è vedere il tutto e comprenderlo fin dall'inizio.
Così ogni giorno è un anticipo di fine, un nulla prima del tempo.
Ma quando hai la visione oniricamente folle del patibolo anche il tempo si appiattisce, non ha più né prima ne dopo per essere di nuovo la sua reale essenza: nulla.
La ragione s'arrende in fretta perché è in se stessa la resa. Parola che sa di cose del mondo, come tutti gli artifici creati per salire quella scala con la mente distratta e gli occhi ciechi al fatale compimento.
E se io fossi il demonio?
In quante e quali sembianze è capace di rappresentarsi?
E se io fossi una di queste?
Mi fa forse salvo il dubbio nascente?
Mi fa forse salvo averne coscienza?
Ma se fossi un demone avrei ancora un perché, identico a quello che se fossi un Dio.
La ragione potrebbe lottare con entrambi e uscirne sconfitta o in gloria, ma potrebbe lottare.
La ragione potrebbe fermare quei passi sulla scala stringendo patti scellerati col demonio o potrebbe percorrerla tutta per la grazia di Dio.
Invece sia l'Uno che l'Altro si son guardati bene dall'esistere, mi hanno lasciato solo e in più con la loro ragione.